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Rivalità storica
« Vorrei cantar quel memorando sdegno
ch’infiammò già ne’ fieri petti umani
un’infelice e vil Secchia di legno
che tolsero a i Petroni i Gemignani. [...]
Ma la Secchia fu subito serrata
ne la torre maggior dove ancor stassi,
in alto per trofeo posta e legata
con una gran catena a’ curvi sassi;
s’entra per cinque porte ov’è guardata
e non è cavalier che di là passi
né pellegrin di conto, il qual non voglia
veder sì degna e glorïosa spoglia. »
(Alessandro Tassoni, "La secchia rapita", 1.1, 1.63)
L'accesa rivalità storica fra Bologna e Modena nasceva da brama di conquiste e da posizioni politiche opposte: guelfi (Bologna), alleati del papa e ghibellini (Modena), alleati dell'imperatore. Lotta per le investiture e guerra di confine si mescolarono e portarono a tragici eventi.
A Modena dopo la morte d'Orbizzo d'Este, si era scatenata una lotta per la successione. Tra i figli riuscì a prevalere Azzo VIII, il quale lanciò il guanto di sfida a Bologna, nel tentativo di rafforzare il proprio prestigio ed avere il supporto della nobiltà . Quest'episodio inasprì gli animi e la guerra lungo il confine si fece ancora più violenta, guerra da cui il nobile modenese uscì sconfitto. Alla sua morte il suo successore proseguì ed inasprì la politica di tensione fra le due città.
Nel 1296 i Bolognesi avevano invaso le terre di Bazzano e Savignano, sottraendole di fatto ai Modenesi, grazie anche all'appoggio di Papa Bonifacio VIII che riconobbe ufficialmente il possesso guelfo dei castelli delle suddette località.
Il Papa intendeva così rafforzare il suo potere sui bolognesi, i quali vedevano nei ghibellini di Modena, il nemico principale per l'antica questione dei confini.
Bologna aveva infatti allargato le sue mire territoriali, dovendo fronteggiare l'incremento demografico conseguente alla fama della sua università.
Si susseguirono conquiste,riconquiste e saccheggi fino a quando le forze modenesi conquistarono il castello di Monteveglio, che costituiva un importante baluardo per la difesa di Bologna. Zappolino e il suo castello diventarono allora l'ultima importante roccaforte a difesa dell’odierno capoluogo emiliano. La battaglia che si svolse ai piedi del colle di Zappolino, il 15 novembre del 1325 verso il calare del sole appena fuori le mura del castello, rappresentò uno dei più grandi scontri avvenuti nel medioevo. Vi presero infatti parte circa 35000 fanti e 4000 cavalieri e più di duemila uomini persero la vita sul campo di battaglia.I bolognesi non ebbero molto tempo a disposizione per organizzare le truppe, avendole richiamate in tutta fretta da altre zone di conflitto dove i modenesi le avevano attirate con alcuni stratagemmi e dall'avanzata verso Monteveglio per la riconquista del suo castello. La battaglia fu breve ed intensa e si concluse con la terribile disfatta dell'esercito bolognese. Nonostante la superiorità numerica, le truppe bolognesi, prese di sorpresa da un attacco laterale, si dispersero. Molti uomini ripararono nel castello di Zappolino, altri in quello di Oliveto, altri ancora raggiunsero, inseguiti, Bologna.Trovando rifugio fra le sue cinta murarie. I modenesi giunsero fino alle porte della città (distruggendo al loro passaggio i castelli di Crespellano, Zola, Samoggia, Anzola, Castelfranco, Piumazzo e la chiusa del Reno presso Casalecchio che consentiva, come oggi, la deviazione delle acque del fiume verso la città) ma non vi entrarono mai, limitandosi a rimanere fuori dalle sue mura e a tornare infine a Modena portando in trofeo una secchia rubata in un pozzo (pozzo tutt'ora esistente sotto un tombino fuori porta S. Felice a Bologna).
Alcuni mesi più tardi, nel gennaio del 1326, la pace firmata dalle due parti vide la restituzione dei terreni e dei castelli conquistati dai ghibellini ai bolognesi.
Ispirandosi all'episodio del pozzo, nel'600, Alessandro Tassoni scrisse un poema eroicomico intitolato "La secchia rapita". Dove, al rifiuto dei modenesi di riconsegnare la secchia, si scatena un'accesa guerra per la sua riconquista. Ad essa partecipano, distribuiti tra le due parti, anche vari personaggi immaginari e persino gli dei dell'Olimpo .
La guerra per la secchia rapita si protrae per qualche tempo fra battaglie, duelli, tregue e tornei, intercalati da episodi comici e burleschi che hanno spesso come protagonista il conte di Culagna che alla fine del conflitto conclude affermando che i bolognesi si possono tenere prigioniero re Enzo ma i modenesi si tengono la secchia.
Nel corso del conflitto, a favore dei modenesi combattè infatti anche re Enzo, figlio dell'imperatore Federico II. Che a seguito della disfatta della battaglia di Fossalta, nel maggio 1249, fu catturato dai bolognesi alle porte di Modena. Rinchiuso prima nei castelli di Castelfranco e Anzola dell'Emilia, fu poi condotto a Bologna e imprigionato nel nuovo palazzo del comune adiacente a Piazza Maggiore, che poi fu per questo chiamato Palazzo Re Enzo. La maggior parte dei prigionieri poteva ottenere la libertà dietro il pagamento di un riscatto ma nonostante le insistenze e le offerte dell'imperatore i bolognesi rifiutarono sempre di cedere il prigioniero ed Enzo fu reclusio a vita; per quanto con un trattamento abbastanza agiato, poteva infatti allietarsi con la poesia e la letteratura oltre che con la compagnia delle dame (da cui ebbe anche dei figli). Dopo ventitré anni di prigionia, ed un tentativo di fuga in una "brenta", morì a Bologna il 14 marzo 1272 e fu sepolto presso la basilica di San Domenico con splendidi onori a spese del comune di Bologna.
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